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Gherardo COLOMBO,

Sulle regole,

Feltrinelli, 2008

Per i Greci la giustizia era Dike, una dea cui tutti dovevano sottostare, pure gli dei. Presso i Romani c’era un culto privato e non convenzionale per lo Ius, la Legge, che costituiva il sostrato sopra cui tutta la società si fondava. Dunque la Giustizia da un lato come realizzazione massima di perfezione, dall’altro come radice della società umana.
Gherardo Colombo, ex magistrato, noto alle cronache per le inchieste legate alla loggia massonica P2, a Mani Pulite e per il recente processo Imi-Sir /
  Lodo Mondatori, consegna alle stampe questo agile pamphlet, in cui la sua attività viene esplicitamente posta a servizio dell’educazione alla cittadinanza, alla legalità, alla giustizia.
Colombo, in apertura del suo libello, definisce la Giustizia come un punto di riferimento che sia alla base dei rapporti tra gli abitanti del mondo. Giustizia: concetto che rappresenta un nodo da sciogliere al giorno d’oggi, in cui sembra che più nessuno abbia tra le proprie virtù quella della tensione alla legalità. Colpa della società o colpa dell’uomo? La risposta rimane vaga: sembrerebbe che si fosse innestato a un certo punto dello sviluppo umano un circolo vizioso per cui da un lato lo Stato non educa più i cittadini alla legalità, in quanto esso stesso formato dalla non-legalità; dall’altro che il cittadino sia sempre portato al tradimento di essa per ottenere vantaggi personali.

E’ comunque certo che la Giustizia deve innervarsi all’interno della società, onde evitare che si ripetano quei fatti che la Storia ha già marchiato come esperienze negative di socialità: il fascismo/nazismo, l’apartheid, lo schiavismo, tanto per citarne alcuni. Il frutto di tutto ciò è stata la convinzione che la Giustizia avesse un fondamento religioso o naturale, il che ha creato una società, che Colombo chiama verticale, in cui la moralità viene imposta dall’alto in base alle convinzioni di chi le guida, il quale ha tutto l’interesse a mantenere i privilegi di cui dispone.

A questo modello di società si contrappone quella orizzontale, fondata invece sul diritto che gli uomini hanno deciso di autoimporsi tramite la legislazione degli stati nazionali o delle organizzazioni sopranazionali. Il riferimento chiaro è alla Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino, che ha consegnato all’umanità il concetto di Uguaglianza per nascita di tutti gli uomini. Ma nonostante ciò, la Giustizia rimane sempre legata a fatti contingenti, particolari, locali: ogni singolo stato o regione del mondo interpreta la libertà del cittadino in un modo del tutto personale. E così la Giustizia è ancora lungi dall’essere applicata in modo uniforme.

La Giustizia pertanto è un’ideale, se vogliamo una utopia. Troppi sono infatti gli interessi che si intersecano, nel vivere moderno (ma a dire il vero anche nell’antichità), con il concetto di giusto. Nel mondo moderno, dice Colombo, trionfano il sotterfugio, la furbizia, la forza, la disonestà sotto l’apparenza di leggi uguali per tutti, del rispetto per ogni diritto di base. Coloro che si attengono alle leggi formali (che non è detto siano pochi) sono scavalcati ogni giorno da chi non le osserva.

Ma allora che atteggiamento dovrebbe tenere il lettore di Colombo? Da un lato ci si attende (forse consapevolmente da parte dell’ex-magistrato) che egli maturi un moto di rabbia nei confronti di tutti quegli atti (e sono numerosi, nella tassonomia stilata da Colombo) che nella vita quotidiana rappresentano, più o meno pesantemente, l’ingiustizia. Ma forse anche è lecito aspettarsi un sentimento di stanchezza, che potrebbe portare alla tentazione di anacoretizzarsi.

L’intento di Colombo tuttavia è un semplice accostarsi con calma alla realtà, tentando di seminare quei pochi concetti che permettono, trovando un buon terreno come nella parabola del seminatore, di dare luogo ad un cittadino giusto e cosciente del valore della legalità


     
                                                                                       Andrea Muraro

 

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